Lezione 1- “Percorso di apprendimento per i preparatori dei giovani portieri”

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Con questo articolo inizia un percorso che costituirà una linea guida nell’allenamento dei portieri del settore giovanile che Ermes Berton esperto preparatore dei portieri professionista, con un passato anche nel settore giovanile dell’inter, vuole metterti a disposizione per migliorare i tuoi allenamenti con i giovani portieri, per permetterti di costruire i tuoi portieri su delle basi solide e specifiche, ti auguro buona lettura.

 Il calcio è un fatto sociale legato alla nostra cultura. sembra che, sin da piccoli, non si possa fare a meno di prendere a calci una palla o lanciarla a qualcuno.

Questa attività giocosa diventa, con il passare dell’età, un’attività di gruppo giocabile da tutti, secondo le proprie capacità appena è possibile, la palla diventa lo strumento per stare insieme agli altri e per divertirsi. sei anni o sessanta è lo stesso lo scopo è uguale, prendere a calci la palla.

Il gioco del calcio, sicuramente strumento sociale di passatempo e divertimento, può però assumere connotati differenti e trasformarsi in fatto sportivo, richiedendo, a chi lo pratica, continuità di allenamento, condivisione di tempi e spazi di lavoro, gioie e fatiche, sino a diventare, per qualcuno, una professione.

Nel gioco del calcio i ruoli che interpretano i giocatori, sono molteplici. l’attaccante, il difensore, il centrocampista e il portiere. noi, attraverso questo PROGETTO, al quale esso fa riferimento, vogliamo occuparci di questo ruolo e, in particolare, dei compiti che ogni allenatore assume al fine di favorire al meglio gli apprendimenti dei bambini e dei ragazzi che lo praticano.

La nostra proposta è indirizzata, in particolare, a tutti coloro che allenano i bambini e ragazzi dagli 8 ai 16 anni,  per consentire ai propri portieri di raggiungere il massimo livello di capacità loro possibile. Dunque ci occuperemo del ruolo del portiere, un ruolo che in uno sport di squadra, per le caratteristiche che lo distinguono, assume i connotati di sport individuale seppur inserito in un contesto di gruppo.

I PRESUPPOSTI DELL’INSEGNAMENTO

Per proporre un percorso d’apprendimento occorre pero’ saper rispondere a tre domande.

la prima:”cosa insegnare” ?

la seconda: “quali sono i principi teorici su cui si base la proposta didattica”?

l’ultima: “quale metodo di allenamento sostiene il progetto”?

 COSA INSEGNARE

Diamo risposta alla prima domanda, cosa insegnare.

La nostra convinzione è che il portiere debba saper correre, saltare, lanciare, calciare, controllare il corpo in  volo, orientarsi e occupare il proprio spazio d’azione, scegliere il tempo per ricevere la palla, utilizzare al meglio la propria resistenza, forza, velocità e mobilità articolare, aiutare i compagni di gioco nelle situazioni di difesa e per cominciare un nuovo attacco, una serie d’abilità non indifferenti sia in quantità che in qualità.

 I PRINCIPI TEORICI

Il gioco del calcio negli ultimi anni si è evoluto e questo è successo perché le persone che in esso interagiscono hanno finalmente riconosciuto che ogni atleta ha delle potenzialità che, se sfruttate adeguatamente, rendono più efficace la sua prestazione, perché ciò avvenga è necessario, però, modificare l’atteggiamento didattico di chi assume il compito d’allenare. A nessuno è più concesso d’improvvisare sul campo la propria proposta, chi si occupa d’allenamento, al contrario, deve aver chiaro il percorso didattico migliore per i propri atleti.

Noi partiamo dal presupposto che ogni persona agisce compiendo delle scelte dal punto di vista cognitivo ed affettivo utilizzando la propria gestualità per arrivare allo scopo, ciò avviene nella vita quotidiana e quindi, anche nello sport e nel gioco del calcio.

Area cognitiva, motoria e affettiva interagiscono fra di loro offrendo rispettivamente:  il supporto intelligente per eseguire l’azione al meglio, lo strumento per realizzarla e le motivazioni per compierla.

Una parata, infatti, cosa altro non è se non l’intenzione materializzata di raggiungere la palla per non farla entrare in rete.

I principi teorici su cui si basa la nostra proposta partono proprio da questa idea, ovvero quella che ogni persona è educabile e può apprendere e modificare le proprie conoscenze ed abilità. ma soprattutto dalla convinzione che ciò può succedere se l’allenamento agisce a livello delle tre aree. se vogliamo un atleta intelligente capace di compiere gesti e scelte efficaci, avere le motivazioni per allenarsi ed imparare dai propri errori, partecipare al gioco con i compagni condividendo fatiche, gioie e delusioni, non abbiamo altra scelta che seguire questa strada.

Tutto ciò significa per un allenatore compiere scelte in termini d’obiettivi, contenuti e metodi per garantire la formazione dei propri atleti e ci permette di affermare che progettare l’allenamento significa:

  • definire gli obiettivi alla luce delle abilità già presenti;
  • individuare i contenuti del percorso didattico;
  • tenere sotto controllo lo stato d’apprendimento degli atleti attraverso situazioni di verifica e di valutazione;
  • individuare una metodologia capace di permettere il raggiungimento degli obiettivi prefissati.

E proprio quest’ultima affermazione apre la strada alla risposta per la terza domanda che ci siamo posti: “quale metodo sostiene l’allenamento”?

IL METODO

Il metodo ha la funzione di creare le condizioni ideali per sviluppare il processo d’apprendimento. esso non rappresenta, infatti, una parte a se stante del processo ma, il sistema per sostenerlo e l’allenatore, in questo sistema, assume la responsabilità di compiere le scelte opportune.

Il metodo che proponiano è quello che possiamo definire:

globale-analitico-globale

Attraverso esso l’atleta è messo nella condizione di familiarizzare con il problema motorio/tecnico e analizzarlo ( utilizzando le abilità percettive del proprio corpo per porsi in relazione con se stesso e il mondo esterno per ritornare, poi, ad una situazione globale completamente nuova, perché arricchita dalle due fasi precedenti.

Un metodo così fatto induce gli atleti ad una continua presa di coscienza di ciò che sta avvenendo in quella data situazione, li istruisce rispetto alle difficoltà che devono essere superate, indica loro il modo per superarle, chi apprende in questa forma, in sintesi: ascolta il proprio corpo, analizza, associa, riflette, ricerca soluzioni di tipo operativo e modifica il proprio atteggiamento motorio per il raggiungimento del traguardo prefissato.

L’atleta, per far ciò, utilizza tutti i processi di percezione, attenzione, memoria, e riorganizzazione delle esperienze motorie sperimentate, interviene, insomma, in modo intelligente e partecipe al proprio processo d’apprendimento. l’errore, vissuto spesso con angoscia o, in ogni caso come problema, assume una nuova valenza e diventa occasione di crescita, in quanto permette il riconoscimento delle difficoltà emerse e l’individuazione degli elementi motori, tecnici, cognitivi e affettivi, sui quali operare.

Questo metodo favorisce modificazioni strutturali positive del sistema nervoso del nostro atleta ed è prerequisito indispensabile perché il portiere stesso possa adattarsi alle diverse situazioni di tipo motorio, spaziale, temporale, ecc…, che il gioco gli propone.

Con questa modalità potremo avere sempre a disposizione atleti intelligenti e creativi, ciò che ogni allenatore desidera avere e, nello stesso tempo, quello che ogni individuo aspira ad essere, vale a dire unico e singolare, ricco cioè di personalità .una strada, insomma, che passa, inderogabilmente, dal coinvolgimento dei propri atleti discostandosi da un allenamento mirato alla ripetizione stereotipata d’esercizi fini a se stessi validi, presuntuosamente e inopportunamente, per tutti e per ogni occasione.

Articolo scritto da Ermes Berton preparatore dei portieri professionista.

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